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Nessuno si salva da solo - Recensione

07/03/2015 | Recensioni |
Nessuno si salva da solo - Recensione

Sergio Castellitto ritorna al cinema con la sua terza prova da regista, adattando come per Venuto al mondo (2012), un testo della moglie, Margaret Mazzantini. Sono ancora una volta la famiglia, la coppia e i figli, il fulcro della storia, anche se in quest’ultima fatica, è la quotidianità ed una Roma del cinema, dei pacifisti, degli artisti e dei bohemiennes a sottolineare lo spirito realistico e libertino del film.

La coppia in questione, è formata da Gaetano (Riccardo Scamarcio) e Delia (Jasmine Trinca), separati, che si incontrano una sera al ristorante per decidere come dividersi le vacanze con i figli. L’atmosfera è fin da subito tesa, ben presto però, la rabbia e il risentimento si trasformano in un viaggio a ritroso nella loro storia d'amore. Riusciranno i due a riappacificarsi?

Quella portata in scena è una pellicola romantica adulta, che grazie alle scintille fra i due protagonisti, dà vita ad un fuoco che si alimenta ripercorrendo la loro storia d’amore. Lui sceneggiatore, lei biologa con un passato segnato dall’anoressia, hanno due figli ma ora non sono più una coppia: si sono amati e feriti a vicenda.

Tra tortini, cotolette, vino ed una candela che dovrebbe rendere il tutto più romantico, comincia il loro viaggio nel passato, tra gioie e frustrazioni, unioni, discussioni, liti appassionate e carnali. A seguire da vicino i due protagonisti, la macchina da presa di Castellitto che gira intorno alla coppia, alternando momenti frenetici a quelli di stabilità ed indagine.

Il loro incontro, la passione iniziale, l’unione, le gelosie, la nascita dei figli e poi gli ostacoli, il lavoro, la visione opposta dei pericoli e degli stili di vita e quindi, a poco a poco, il disfacimento di tutto ciò che avevano. È costruita così la trama del film, con nient’altro che le fasi di una normale relazione coniugale.

Ed è proprio dal dolore che un’altra coppia sposata, Mazzantini-Castellitto, esegue un passo a due tra note strazianti ed armoniose, raccontandone la quotidianità empatica che raggiunge lo spettatore. In un continuo accelerare, senza perdere tempo a raccontare dettagli inutili, la storia d’amore si narra da sé, come se non esistesse nemmeno il filtro cinematografico.

Non è però tutto rose e fiori, la pecca del film è rappresentata infatti, da alcune scene e frasi che mancano proprio di questa naturalezza e semplicità d’insieme, lasciando lo spazio al filosofeggiare e alla volgarità, perdendo così un po’ la tramontana e il vero intento.

Gli “imbecilli depressi”, come si definiscono nel film, Scamarcio e Trinca, riescono però a convincere e coinvolgere il pubblico, del resto nessuno si salva da solo è la morale, nonché la perfetta conclusione del film, racchiusa proprio in quella definizione.

Nonostante tutto quindi, l’intensità e la libertà espressiva con la quale la coppia di attori ha manifestato la passione e allo stesso tempo la sofferenza dei loro personaggi,  è la chiave del successo del film, che finisce per dare a Castellitto il ruolo di bravo direttore d’orchestra, che ama la partitura e riesce a donarle vita assimilandone bene i vari componenti e creandone un degno ensemble.

Alice Bianco

 


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